TEATRO MARENCO

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La Storia

Mercoledì 2 ottobre 1839, nella piena diffusione del teatro all’italiana, veniva inaugurato il teatro dedicato a Carlo Alberto su progetto dell’architetto Giuseppe Becchi che si valse della consulenza dell’architetto Canonica, consulente a sua volta dell’architetto Carlo Barabino, che aveva realizzato il Carlo Felice di Genova. Di quel teatro ricalcava in minor spazio, ma con un’acustica perfettamente identica, le agili linee architettoniche, arricchite da stucchi, decorazioni, velluti e dorature di stupenda bellezza. Molto ricco il programma della stagione, con opere di Bellini, Romani e Donizetti e tre balletti di nuova composizione.

 

Fatta eccezione durante i periodi bellici, l’attività fino al 1943 quando un incendio distrusse gli impianti di scena; nello stesso anno il teatro venne intitolato a Romualdo Marenco, noto in tutto il mondo per il Ballo Excelsior, che sin da adolescente nei primi anni del Novecento lo aveva frequentato.

Purtroppo la struttura non riprese la sua attività per il grave stato di degrado, tanto che fu dichiarata inagibile nel 1947.

 

Nel 2005 è iniziata un’attenta opera di restauro che ha mantenuto l’intera struttura lignea originaria della sala e del palcoscenico, garanzia di ottima acustica.

Sono state riportate all’antico splendore le raffinate decorazioni, i tre ordini di palchi, l’ampio palcoscenico e la buca orchestrale polivalente. Moderni apparati scenici renderanno più agevoli i vari tipi di spettacoli.

La bellezza del passato, unito al presente tecnologico, fa del teatro Romualdo Marenco una struttura destinata a diventare polo culturale di grande attrazione per la città e per tutto il territorio, non solo per il suo valore artistico ma anche sociale ed economico.

FONDAZIONE TEATRO MARENCO

La Fondazione Teatro Marenco vede la sua costituzione in data 25 marzo 2004 per volontà del Comune di Novi Ligure e della Fondazione Cassa di Risparmio di Alessandria. La Regione Piemonte con proprio atto del 25 giugno 2004 riconosce l’idoneità all’iscrizione nel Registro Regionale delle persone giuridiche che avviene in data 9 luglio 2004.

 

La Fondazione non ha scopo di lucro ed opera sul territorio della Regione Piemonte al fine della diffusione della cultura teatrale e musicale, la promozione, la ricerca e lo studio nel campo delle discipline dello spettacolo con particolare riferimento alla musica ed al teatro. Primo grande passo per tale obiettivo è il recupero strutturale e funzionale del Teatro Romualdo Marenco.

 

 

 

NOTIZIE  STORICHE  SU  TEATRO  MARENCO 

 

 

Agli inizi del 1800 funzionano in Novi, per gli appassionati, due teatri di un certo rilievo. Quello di via Politi, in seguito via del Municipio, nell’androne Cavanna, e quello dell’Ospedale accanto all’Oratorio di San Bernardino (oggi via Cavour).

È del 1836 la notizia che un gruppo di cittadini novesi avrebbe intenzione di costruire un nuovo teatro che rechi decoro e prestigio alla città. Si fanno i nomi dei personaggi più cospicui (Dr. Pio Ferretti, Luigi Camusso, Giacomo Alignani, Ferdinando Isola, Francesco Cassissa, Luigi Ghiara, per citarne alcuni) capeggiati, sembra, dal sindaco Giovanni Matteo Peloso, il quale venendo a mancare il 15 maggio 1837, sarà sostituito dal cav. Luigi Pavese a far data del 27 giugno di quell’anno.

Sollecitata da questi benemeriti concittadini, l’amministrazione comunale provvede a nominare una Commissione che studiasse le pratiche necessarie alla realizzazione del nuovo tempio dello spettacolo. Detta Commissione per il Teatro, presieduta dal Sindaco Pavese e composta da Giacomo Alignani, Francesco Cassissa, Francesco Meardi, Giuseppe Panario e Pietro Maria Perasso, è già  al lavoro nel 1837 e provvede a preparare un progetto di fattibilità mentre fa pervenire sollecita richiesta al Sovrano perché conceda la sua autorevole paternità alla nuova opera.

«Il teatro sorgerà in via Girardengo su terreno di pertinenza della Compagnia del Rosario eretta nella vicina parrocchia di San Nicolò. Bandita l’asta il 7 luglio hanno tosto inizio i lavori progettati dall’architetto novese Giuseppe Becchi che ha alle dipendenze come vice direttore Giuseppe Cavallo. (L’architetto Becchi, per la progettazione, si avvale inoltre della consulenza del “signor Architetto Cavaliere Canonica” di Milano, consulente, tra l’altro, dell’architetto Carlo Barbino progettista del Teatro Carlo Felice di Genova). Il Teatro prevede due logge per i cittadini e 42 palchi, distribuiti in tre ordini, per i palchettisti. Il tutto per una spesa intorno alle 140.000 lire nuove piemontesi. I pittori Isola, De Leonardi e Varni lo avrebbero decorato con inarrivabile perizia». Così scrive Serafino Cavazza.

Nella seduta del Consiglio Comunale dell’11 giugno 1838 viene approvata, tra le spese straordinarie preventivate del 1839, per l’apertura del nuovo Teatro «quale concorso della Città nella spesa occorrenda per l’apertura da aver luogo nell’autunno 1839 del nuovo Teatro in costruzione a spese di una Società di d’azionisti a ciò formatasi approvata con Regie Patenti 28 febbraio 1837 colle quali si degnò S. M. di fregiare questo pubblico Stabilimento dell’Augusto suo nome Carlo Alberto, … la somma di lire 1.500». Nel corso del 1838 cresce dunque la fabbrica del Teatro, in contrada Girardenga, che sul finire dell’anno viene dotata di un Regolamento ad opera dell’apposita Società per Azioni. La tipografia di Giacinto Moretti, nei primi giorni del 1839 dà alle stampe il nuovo Regolamento per l’amministrazione e servizio interno del nuovo Teatro della città di Novi Ligure eretto a spese di una Società di Azionisti. Gli azionisti sono suddivisi in due ordini. Sono Soci di primo ordine i signori Giacomo Alignani, Giovanni Beraudo, Camillo Calleri Gamondi, fratelli Cassissa, Agostino Castiglione, Francesco Ceretti, Andrea Dellachà, Pietro e Francesco Gambarotta, Luigi Ghiara, Nicolò Lodolo, Lorenzo Massardo, marchese Pietro Negretto, Giuseppe Norcia, Giovanni Battista Peloso, Giovanni Mattia Peloso, Ottavio Pesce, Lorenzo Questa, Andrea Scotto e fratello. I Soci di secondo ordine sono: fratelli Alignani, Giacomo Alignani, marchese Francesco Maria Balbi Senarega, Carlo Boccardi, Luigi Camusi, notaio Castiglione Bendinelli, Giacinto Bozzi ora Francesco Varese, Francesco Camuso ora Gioacchino, Cesare Canefri e Carlo Perazzi, Carlo Demicheli, dr. Pio Ferreri, avv. Ferdinando Isola, Pietro Maria Perasso, sigg. Pavese zii e nipoti, Giovanni Matteo Rivera, Angelo Rebora, Giovanni Battista Ricci, marchese Ferdinando Spinola. La Società provvede a dotarsi di una Direzione, per poter degnamente inaugurare la nuova struttura teatrale, così composta: Luigi Pavese presidente, Giacomo Alignani, Francesco Cassissa, Luigi Ghiara e dottor Pio Verri, membri.

Tutto è pronto per l’inaugurazione. Nell’atrio, aperto, viene posta la lapide marmorea recante la scritta: “Carlo Alberto – Re – Con l’augusto suo nome – illustrava questo teatro – Che a decoro ed utilità della Patria – 37 cittadini – edificavano l’anno 1839” . Alla prima stagione, che avverrà con particolare solennità e una straordinaria illuminazione di gala, la sera di mercoledì 2 ottobre 1839, sono in programma le opere Beatrice di Tenda, del chiarissimo maestro Vincenzo Bellini, un dramma tragico di Felice Romani; I Puritani e i Cavalieri, dello stesso maestro, dramma serio su libretto di Carlo Pepoli; Belisario, del maestro Gaetano Donizzetti, dramma serio su libretto di Salvatore Cammarano. Per la prima stagione lirica, il coreografo Ottone Mosso ha composto te balli di mezzo carattere, che dirigerà lui stesso, dal titolo: Amore e Psiche - Isabella Sforza e La Regina dei Maghi, ossia La costanza premiata.

Gli spettatori accorsi alle prime rappresentazioni, possono ammirare, nella nuova costruzione, la stretta somiglianza al Teatro Carlo Felice di Genova di cui ricalca in minor spazio, ma con l’acustica perfettamente identica, le agili linee architettoniche. Completano la straordinaria scenografia, stucchi, decorazioni, velluti e dorature di stupenda bellezza.

La prima opera è diretta, per la parte musicale, dal maestro Nicolò Uccelli, direttore dell’orchestra al Carlo Felice in Genova, mentre, per le successive, è direttore il maestro Giuseppe Savio di Novi. Primo violino e direttore d’orchestra: Emanuele Preve.

 

             «Per la stagione sono stati scritturati i tenori Gaetano Arigotti e Fortunato Lodi, la prima donna Desiderata Berancourt, la prima donna contralto Luigia Olivieri, il primo basso Carlo Ottolini, il primo tenore e superiore Michele Novaro, la prima donna e superiore Rosa Olivieri, il primo basso e superiore Francesco Leonardi. I coristi sono istruiti e diretti dal maestro Federico Dolce. Li abbiamo trovati in una vecchia carta: Bartolomeo Maida, Giovanni Battista Dellachà, Paolo Motta, Lorenzo Borghero e Francesco Borghero. E su altra vecchia carta compaiono i nomi di quelli che debbono essere stati gli orchestrali della memorabile inaugurazione: Paolino Cavallo, Repetto, Luigi Frisone, Ambrogio Carbonara (violini), Cabella (clarinetto), Giovanni Battista Demicheli (flauto), Antonio Gastaldi e Reta (contrabbassi), Pallavicini (gran cassa) e, altro violino, Massa.

La Compagnia di Ballo ha in organico: prima ballerina Clotilde Rossetti, primo ballerino Raffaello Gambardella, prima ballerina Amalia Rossigni, primi ballerini per accompagnare i passi Carolina Opizzi e Giuseppe Maini. Primi ballerini per le parti: Angiola Vaghi, Pietro Fietta e Carolina Massini. Inoltre: Quattro coppie di ballerini di mezzo carattere e sei corifei. Scene dei fratelli Leonardi. Macchinista: Luigi Podestà.

            Il primo ciclo di rappresentazioni ha termine alla fine di novembre, dopo una quindicina di spettacoli, quattro dei quali sono esclusi dall’abbonamento, come del resto i primi quattro della serie. Il biglietto serale per le prime quattro rappresentazioni e per le tre destinate al periodo della fiera di Santa Caterina , costa due lire nuove piemontesi per la platea ed i palchi e, con una lira, si può accedere all’empireo del loggione. Per le altre rappresentazioni si paga soltanto lire 1,20 per la platea e lire 0,50 per il loggione. Un abbonamento per 42 rappresentazioni costa lire 30 che vanno anticipate entro il 1° ottobre. Gli abbonamenti son fissati in 120. alla porta del Teatro non si accetta denaro e non si scrivono (proprio così) i biglietti che danno diritto all’ingresso. Anche nel 1839 i ragazzi pagano la metà del biglietto e, a scorrere la lista dei prezzi, si ha l’impressione di una certa modicità per accedere ai palchi, scanni e, quel che più conta, al loggione.

            L’annuncio degli spettacoli è affidato ad una placca metallica, appesa ai Portici di Porta Pozzolo, che campeggia ondeggiante ad ogni soffio di vento sulla frequentata via Girardengo. Per il terreno i palchettisti si sono impegnati a corrispondere l’annuo canone di lire 800. per il decoro degli spettacoli contano su di un contributo dell’Amministrazione Comunale sotto il nome di dote, che, per il 1859 è di lire 1884 e che il Consiglio Comunale ben volentieri destina non all’Amministrazione del Teatro, ma alle famiglie dei soldati chiamati alle armi[1]».

 

L’anno successivo sono in programma le opere Marin Faliero e Roberto Devereux di Gaetano Donizzetti e le Prigioni d’Edimburgo. Nel teatro con il nome del Re continuano le rappresentazioni nel 1841, anno in cui nasce in contrada del Fossato Romualdo Marenco, presentano nuovamente le Prigioni di Edimburgo, mentre vi recitano pure le compagnie Sasso e Barracani. Alla stagione teatrale del 1843 è proposta La figlia del Reggimento (Donizetti) e, nuovamente, Le Prigioni di Edimburgo senza dimenticare la compagnia Gagliardi. Allo studio un progetto per dotare il Teatro di un’orchestra stabile di almeno 23 elementi. Trattative in atto nel 1844 per rappresentare al Carlo Alberto la Norma del Bellini e Gemma di Vergy di Donizetti. Agisce pure la Compagnia Franchi (impresario Vanelli).

Preoccupa la stabilità di natura edilizia del soffitto (avvallato in più punti) e del tetto del Teatro Carlo Alberto, all’inizio del 1852, causa le abbondanti nevicate cadute nel periodo dei balli di carnevale, prontamente sgomberate dall’impresa “Angelo Zaccheo”, che hanno richiesto una sollecita verifica di collaudo. Le apprensioni sono rientrate dopo che il Comune ha fatto eseguire gli opportuni accertamenti.

Con atto notarile Nicolò Ricci, del 22 dicembre 1866, il Comune di Novi entra in possesso del portico e del Teatro Carlo Alberto. Ai privati subentra la gestione municipale.

Dopo un periodo di stagioni alquanto deludenti, si riaccende l’interesse per il Teatro cittadino nel 1869 con un programma di tutto rispetto: Contessa di Amalfi, Sonnambula e Giuramento, mentre fa discutere la stagione teatrale del 1872 che propone Macbeth, Vivandiera polacca, Jone, Sonnambula con la compagnia di Alessandria o qualche altra di passaggio in città. Particolarmente agitato il loggione.  Nel 1875, al rifiuto dell’impresario Signoris, è il Radiche ad incaricarsi della stagione teatrale del Carlo Alberto con la programmazione di Faust, Roberto Devereux, l’illusionista e prestidigitatore Sisti e una parte riservata alla prosa con Il Duello del Ferrari e un incasso di lire 80,90. Periodo di magra ancora nel 1879 anno in cui si lamenta scarsità di gas per l’illuminazione del teatro, lungo e noioso preludiare dell’orchestra, polvere oltre misura sui davanzali dei palchi e una serie di comparse indecenti. Stagione nera, ancora quella del 1883, per le beccate provenienti dal loggione del Carlo Alberto e fischi all’indirizzo del Fiacre n. 13, mentre si limano le brocche per il freddo accompagnato dallo scarso gas illuminante.

 

Ancora nel 1885 gli spettatori del nostro teatro si lamentano per il freddo pungente che non lascia gustare appieno le opere rappresentate. Una ripresa delle attività teatrali di un certo rilievo si hanno nel novembre del 1889 con la rappresentazione di Aida e Lucia di Lammermoor integrate da spettacoli del burattinaio Sarina, mentre alla Pasqua dell’anno successivo, siamo a marzo, la compagnia Serandrei è costretta a richiedere una colletta, che frutta 25 lire, per ripianare le spese sostenute dovute alla rappresentazione di Vita, passione e morte di N. S. Gesù Cristo a cui ha assistito un pubblico quasi inesistente. Maggior successo lo ha, il Carlo Alberto, in novembre con la rappresentazione di opere di sicuro richiamo come Sonnambula, Barbiere di Siviglia, Salvator Rosa, Forza del Destino e alcune operette.

È del 27 gennaio1895 il grido d’allarme che lancia La Società, il settimanale novese più influente in città, sulle precarie condizioni economiche del Carlo Alberto. Costruito nel 1839, quando Novi contava circa novemila anime, sembra che il teatro non risponda più alle nuove esigenze della città registrando ora oltre ventimila residenti. Il settimanale suggerisce la costruzione di un nuovo Politeama e quantifica il preventivo in 70.000 lire. Rimane solo da individuare il luogo idoneo alla costruzione. Nell’ottobre del 1896 il comune di Novi concede in uso gratuito, alla società del Politeama, 600 metri di suolo pubblico a lato del maneggio per il costruendo Politeama, mentre al Carlo Alberto si rappresenta con discreto successo Favorita, Villi e Mefistofele.

Il 4 settembre del 1897 tutto è pronto per l’inaugurazione del Politeama con la mancata rappresentazione dell’ultimo successo del nostro Romualdo Marenco: Strategie d’Amore poiché mancano 1.000 lire necessarie per la messa in scena. Si ripiega su Realtà di Rovetta e la farsa In guanti gialli. Il pavimento non è ancora sistemato e manca pure il riscaldamento, ma le rappresentazioni si susseguono regolarmente anche con scarso pubblico.

Al Carlo Alberto intanto si inaugura la stagione con Bohéme e Traviata. È anche allestito il primo esperimento di proiezioni cinematografiche in cui, scrive la stampa locale, «si vedono uomini, animali, veicoli muoversi come al naturale».

Il 14 gennaio 1898 - la nuova gloria di Novi - ovvero l’insigne Maestro Romualdo Marenco, giunge in città per un soggiorno di una settimana accolto, in stazione, dalla Giunta municipale guidata dal Sindaco Dellachà e da numerosi amici. La sera stessa, al Politeama, va in scena una composizione del Maestro, La fille de Boby che ottiene un successo strepitoso seguito, il giorno successivo, da un altro lavoro - Dolores - dello stesso Marenco. L’accoglienza festosa si protrae sino al 21 gennaio giorno in cui il Marenco rientra a Milano mentre continua il periodo fortunato al Politeama anche in primavera con la rappresentazione di Don Pasquale, Barbiere di Siviglia e Fra diavolo. A fine anno la stampa locale annuncia la triste novella: il Maestro Marenco, causa la sorte avversa, si ripromette di lasciare l’Italia per trovare miglior fortuna nella vicina Lugano. Intanto il Carlo Alberto chiude per lavori di restauro che si protraggono nell’anno successivo.

Da gennaio a settembre del 1899, il teatro Carlo Alberto è sempre chiuso per restauri. Vengono rinnovati sia il palco che le uscite di sicurezza, i palchi e i camerini. Riaprirà i battenti in autunno con la rappresentazione di Otello mentre per la fiera di Santa Caterina si proiettano i primi spettacoli cinematografici che riscuotono significativi consensi.

Per il Teatro Carlo Alberto l’Ottocento si chiude con una stagione in sordina, mentre l’inizio del nuovo secolo vedrà una tiepida ripresa di rappresentazioni di un certo livello con la stampa locale che si augura di poter vedere il pubblico accorrere numeroso agli spettacoli. «Noi speriamo - scrive il Messaggero del 15 gennaio 1903 - per la buona riputazione (sic) in fatto di arte del pubblico Novese, che avremo a registrare sei piene (quante erano le serate in programma). In caso diverso dovremo, con nostro dispiacere, dire che per il pubblico Novese ci vuole la compagnia Ponti col Maino della Spinetta». Anche la trasformazione in sala cinematografica non ottiene gli effetti desiderati e l’attività del glorioso Carlo Alberto viene definitivamente sospesa nel 1947.      

[1] Serafino Cavazza, Novi Ligure città del Piemonte, Tortona, 1982, pp. 58, 59, 60

 

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